
"Mettere in scena questa mia prima opera è stato davvero eccitante, un divertimento grande anche perché questa è un'opera non molto impegnativa, il racconto di una burla e come tale invita al gioco e alla risata", spiega l'attore-regista americano che ha avuto sempre una vera passione per la musica classica e la lirica, e che qui ha finito per evitare il lieto fine sentimentale e punire con la morte il protagonista che ha preso in giro tutti.
Allen si è difeso dicendo che questo è il suo Gianni Schicchi, realizzato per vivere in teatro e coinvolgere le persone,
"cosa che non si fa col rigore filologico e formale."Ecco così, dopo la proiezione dei titoli di testa ironici e cinematografici, la casa di Firenze dove tutto si svolge che pare trasportata in un vicolo di Napoli, tanto è tappezzata di panni stesi; i costumi dei protagonisti ispirati a una Sicilia anni '50 e Gianni Schicchi che pare una sorta di Al Capone, mentre il testamento di Buoso Donati è nascosto in una pentola che non può essere che di spaghetti.
Col risultato che il pubblico americano si è divertito dall'inizio alla fine e le cronache parlano di risate continue. Il fatto evidente è che il regista di Manhattan si è ispirato ai suoi miti italiani di sempre, e soprattutto alla grande commedia all'italiana con la sua nota neorealista.
E lui stesso ha spiegato che voleva il pubblico, vedendo Ranuccio, potesse pensare a Mastroianni e che Lauretta, che intona la celebre aria 'Oh mio babbino carò in sottoveste con lo spacco, rimandasse a certe scene di Sofia Loren.
Del resto, con la consueta autoironia, mette come epigrafe al programma di sala:
"Non ho idea di cosa sto facendo, ma l'incompetenza non mi ha mai impedito di buttarmi nelle cose con entusiasmo"
Corriere dell'Umbria Mercoledì 24 Giugno 2009
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